domenica 26 aprile 2020

Rodolfo Bendinelli "Gringo" o "Griso"

 

Rodolfo Bendinelli, nome di battaglia “Gringo” o "Griso", è nato il 29-09-1917.

Lavorava come tornitore a Legnano presso l'officina metalmeccanica Ercole Comerio situata in via Gaeta, lungo i binari della ferrovia di fronte alla stazione, dove ora c'è il parcheggio.
Rodolfo è ricordato sulla lapide situata dove c'era la ditta. Si tratta di una "lapide ubicata all’esterno, incassata in una stele di cemento granigliato. Marmo Afyon lucido; epigrafe incisa, policroma, con caratteri a bastone, in buono stato di conservazione. Dimensioni: 163 x 100 x 3 cm.” In essa sono ricordati anche il tornitore Giuseppe Ciampini ed il fresatore Giannino De Tomasi, arrestati in fabbrica il 18 marzo 1944 in seguito ai grandi scioperi delle fabbriche dell’Alto Milanese e inviati nel lager di Mauthausen in Austria (vicino a Vienna) dove sono morti. Sono ricordati anche Luigi Colombo, saldatore, e Giacomo Wizzermann, attrezzista, caduti in combattimento.



Da Legnano Rodolfo si è spostato ad operare nel vicentino con la formazione “Martiri della Val Leogra”, divenendo il Comandante della Brigata Garibaldina "Stella" del Gruppo Brigate “Garemi”  con il nome di battaglia di "Gringo" o "Griso". Non sappiamo per quale motivo abbia scelto il vicentino come zona di azione, inusuale per i partigiani legnanesi che quando si spostavano in montagna spesso andavano verso la Valgrande con le formazioni cattoliche delle Brigate Alfredo Di Dio o verso il Mottarone, la Val Toce, il Piemonte con le formazioni garibaldine di Cino Moscatelli.

Dal centro Studi Storici "Giovanni Anapoli" di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, sappiamo quando e come Rodolfo è stato catturato.
"31 Ottobre 1944 – Contrà Darramara di Montorso (Valli dell’Agno e Chiampo).
Rastrellamento del Distaccamento della BN di Montorso, la Compagnia della BN Marina “Legnani”, la squadra "Fiori" del SS Marina e la X^ MAS con la 3^ Compagnia del Btg. “NP” di Montecchio Maggiore.
Sono catturati Rodolfo Bendinelli "Griso” o “Gringo”, il patriota Luigi Ceresato, anni 17, da Tezze di Arzignano, imprigionato a S. Biagio e deportato in Germania, il partigiano "Vittoria" e 6 inglesi.
Dopo un pesante interrogatorio effettuato dal tenente Alcide Fiori, da Gambacorta della BN Marina e da Rino Ragazzi del BdS-SD di Bassano, e dopo la condanna del tribunale speciale di guerra, composto da Bondino Bondini, Giampaolo Vitale, Sbarra e Cesare Bellerio della BN Marina, il partigiano “Griso” è fucilato in via S. Clemente a Montecchio Maggiore".

Qui di seguito qualche dato sulla Brigata Nera "Legnani", tratto dal testo di Leonardo Sandri "Brigate Nere: una documentazione. Volume 1: Struttura – Organigrammi - Operazioni" a pagina 20 (disponibile online a questo LINK). 
"Costituita con personale in servizio presso il Sottosegretariato dello Stato Maggiore Marina a
Montecchio Maggiore (Vi). Coinvolta nell’ottobre 1944 in un rastrellamento nella zona di
Montorso (Vi) dove venne catturato un partigiano, tale Rodolfo Bendinelli, successivamente
fucilato. Comandante Cesare Bellerio."

Rodolfo venne fucilato il giorno stesso della cattura, il 31 ottobre 1944. Aveva 28 anni.
La sezione ANPI di Montecchio “Camerra Gelsomino-Diavolo” ha raccolto l’ultima sua lettera scritta alla madre in data 30 ottobre ‘44 e un santino commemorativo della sua sepoltura ufficiale.
Sabato 22 aprile 2016 la loro sezione ha posto una lapide a lui dedicata sul luogo del suo assassinio, ricostruito con assoluta precisione, nella parte alta di via S. Clemente.

A Rodolfo è stata conferita una Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria.

Poche essenziali informazioni su di lui sono scritte a pag  127 del libro “Legnano nella Resistenza” a cura di Giorgio D’Ilario e Giuseppe Bruno, pubblicazione edita dal Comune di Legnano e dal Comitato Unitario Antifascista con la collaborazione di partigiani di varie formazioni: “Caduto il 31 ottobre 1944 a Montevecchio (Vicenza) – Comandante Brigata “Stella” – Proposto per la medaglia d’oro al V.M.”

La sua fotografia rientra in un quadro che riunisce i combattenti legnanesi deceduti per la Resistenza e la Liberazione, custodito presso la sede ANPI di Legnano, e il suo nome è inciso anche in una delle due lapidi del monumento posto all'incrocio tra corso Sempione e viale Cadorna.



 

venerdì 24 aprile 2020

Medici e infermieri nella Resistenza legnanese



In questi drammatici giorni di emergenza sanitaria, caratterizzata dal grandissimo lavoro svolto da medici e personale sanitario, anche a prezzo della propria vita, ai quali va tutta la nostra riconoscenza e solidarietà, vogliamo ricordarne il ruolo svolto durante la Resistenza.


A Legnano il 21 giugno 1944 alla Mazzafame circa 300 fascisti delle Brigate Nere e della Pai sono piombati su di una quindicina di partigiani della 101^ Brigata Garibaldi GAP, i partigiani che vivevano in clandestinità e si occupavano delle azioni più  rischiose. Il loro comandante Samuele Turconi è stato ferito molto gravemente, catturato e ricoverato all’ospedale di Busto Arsizio. Il prof. Santeri ed il prof. Solero sono riusciti, operandolo d’urgenza, a salvargli la vita. Ma non si sono limitati a questo.


Mentre Samuele era in ospedale, il 27 giugno, due ragazzi, Dino Garavaglia e Renzo Vignati, erano rimasti feriti gravemente in uno scontro al ponte della ferrovia di S. Bernardino, durante un tentativo di disarmo nei confronti di una consistente pattuglia fascista e, ricoverati all’ospedale di Legnano, erano morti. Dino aveva diciotto anni, Renzo diciannove.

I fascisti volevano portar via subito i cadaveri ma il primario, dott. Lorenzo Piccione, che collaborava con la Resistenza, si è opposto fermamente: “No! Qui si fanno le esequie! Qui è casa mia!” Il giorno dei funerali, il 4 luglio, in un clima di forte tensione, i fascisti avevano permesso le esequie pretendendo che però si svolgessero in forma del tutto privata. Invece c’era una gran folla con tante corone di fiori. Don Francesco Cavallini, coadiutore della chiesa dei SS. Martiri, aveva fatto appena in tempo ad impartire la benedizione che i fascisti presero le bare e stavano per portarle via. Don Francesco si è imposto: “Questi ragazzi li ho battezzati in chiesa e in chiesa devono venire!” Allora in otto o dieci si sono parati davanti ai fascisti, hanno preso le bare in spalla e le hanno portate dentro la chiesa. All’uscita hanno trovato i fascisti con le mitragliatrici posizionate sul piazzale: don Francesco si è messo davanti, ha fatto uscire le donne e poi si è incamminato con tutta la popolazione verso il cimitero, guardati a vista dai fascisti armati.

Per quel giorno don Cavallini l’ebbe vinta, qualche tempo dopo però fu arrestato e condotto nel carcere di San Vittore a Milano, dove rimarrà fino alla Liberazione. Il 25 aprile 2014 lo abbiamo ricordato con una lapide posta al campo dei partigiani del nostro cimitero.


Il 13 luglio all’ospedale di Busto si presentò il capitano delle Brigate Nere Montagnoli per annunciare a Samuele Turconi che l’indomani sarebbe stato fucilato in piazza Santa Maria a Busto. I medici Solero e Santeri avvisarono i partigiani legnanesi. Piera Pattani si presentò in ospedale fingendo di essere la fidanzata di Samuele e gli si gettò al collo passandogli in bocca un bussolotto. I fascisti che lo stavano piantonando percossero ferocemente Piera col moschetto e la trascinarono fuori per i capelli. Ma la sua missione era compiuta. Samuele si trovò in bocca un biglietto: “tentiamo alle 10”. E alle 10 un commando armato di cui facevano parte Guido e Mauro Venegoni fece irruzione nella stanza e portò via Samuele, legandolo a due cuscini per evitargli emorragie dalle ferite non ancora rimarginate e ponendolo sulla bicicletta di Guido. Samuele venne portato a casa di Angela Allogisi dove rimase per una decina di giorni e le cure mediche quella notte e i giorni successivi gliele fece il dott. Ezio Tornadù, titolare della Farmacia della Stazione.


Angela Allogisi ha aiutato, curato ed ospitato tantissimi partigiani e la sua generosità è stata ricordata anche con il bassorilievo sulla tomba di famiglia. Il dott. Tornadù oltre a curare partigiani feriti e malati fornì aiuti materiali, bende, medicinali, unguenti, cicatrizzanti, disinfettanti per i partigiani di città e per quelli di montagna, tramite staffette che portavano il materiale medico al ponte di Marnate, all’imbocco della Valle Olona, dove si faceva trovare qualche partigiano delle formazioni di montagna. Anche il dott. Tornadù è stato ricordato sulla lapide al cimitero.


Dopo l’esperienza di Samuele, Piera ha aggiunto un ruolo ai tanti che già aveva nella Resistenza: si fingeva fidanzata di partigiani ricoverati in ospedale per poterli avvicinare a dare loro le informazioni su come si erano accordati con medici e infermieri per la fuga.

A fine novembre 1944 Piera è andata in missione all’ospedale di Legnano. Il comandante partigiano Francesco Marcer era stato catturato in piazza Redentore insieme al comandante Giuseppe Rossato, portati nelle carceri di San Martino e malmenati, percossi e torturati. Giuseppe venne poi inviato a Milano al carcere di San Vittore e fucilato al Campo Giuriati il 14 gennaio 1945. Francesco invece era di costituzione più gracile, con le percosse si sentì male e venne ricoverato all’ospedale legnanese. Piera lo ha informato del pianodi evasione: un infermiere lo avrebbe condotto a un bagno, uno senza sbarre di sicurezza, in cui aveva preventivamente nascosto delle lenzuola, con le quali Francesco si sarebbe calato a terra. E le suore a cena avevano generosamente offerto del vino alle due guardie che lo stavano piantonando: vino speciale, con sonnifero! Angela Allogisi ha poi ospitato e curato il partigiano.


Anche Carlo Lovati e la moglie Maria, sorella di Angela, hanno collaborato tanto alla Resistenza, pure ospitando e facendo curare i vari partigiani feriti sfruttando i contatti umani e professionali che aveva il capofamiglia, di professione ortopedico.

Lo stesso Arno Covini, quando è rimasto ferito, grazie all’interessamento dei Lovati è stato nascosto e ricoverato all’ospedale S. Maria di Busto Arsizio, diretta dal dott. Bertapelli, collaboratore dei partigiani.


Coraggio, generosità, altruismo, doti che hanno caratterizzato l’aiuto sanitario a Legnano anche cent’anni fa, al tempo della Grande Guerra quando sono stati allestiti due ospedali di guerra: presso l’istituto Barbara Melzi, allora noto come Casa Amigazzi, con medici e infermiere volontarie e presso la scuola elementare Carducci con altri medici e altre infermiere volontarie. Queste ragazze legnanesi alla fine del 1918 - inizi '19 dopo il turno in ospedale andavano nelle case a portare soccorso a chi aveva contratto l’influenza spagnola, una pandemia per alcuni versi simile al corona virus. E a loro portavano anche la spesa, perché potessero rimanere in casa, in quarantena.

Con lo stesso coraggio e generosità dei nostri medici e infermieri di oggi e di tutto il personale sanitario con le più diverse funzioni.


Un post su facebook, le parole di Isabella Rotondella, legnanese specializzanda in medicina e volontaria nell’inferno del covid: “Ieri. Oggi. Si vive di alti e bassi, di piccole gioie quotidiane, degli sguardi e dei piccoli gesti di gratitudine di chi ce la sta facendo … Le giornate sono scandite dai turni e dalle videochiamate, dalla voglia di tornare a casa e dalla paura di quello che possa causare un ritorno. Dai momenti in cui pensi che tutto tornerà alla normalità, ai momenti in cui pensi invece che nulla possa tornare come era prima, non tu dopo quello che hai visto … Una specializzanda, nel suo piccolo #nonsiamoeroi #nonsiamoinvincibili ma ci mettiamo il cuore #stateacasa e non dimenticate quello che di buono stiamo imparando.


Un piccolo contributo, questo dell’ANPI legnanese, per ringraziare chi ci mette il cuore oggi come allora, durante la Resistenza . E per non dimenticare.


ANPI Legnano

domenica 14 aprile 2019

L'assassinio di Giovanni Novara (13 luglio 1922)

http://www.legnanonews.com/news/cronaca/922167/forse_non_sapete_che_l_assassinio_di_giovanni_novara_13_luglio_1922_

L'assassinio di Giovanni Novara (13 luglio 1922)



Nelle elezioni comunali, svoltesi il 24 ottobre 1920, per la prima volta venne eletto un sindaco socialista, e precisamente Ermenegildo Vignati. 
Gli ambigui rapporti tra Gianfranco Tosi e i fascisti
Dai documenti che abbiamo trovato all’archivio di stato sappiamo che tra la fine del '21 e i primi mesi del '22 si pensò di finanziare le casse comunali riscuotendo un dazio sul carbone che la Tosi bruciava nelle sue ciminiere. L’ingegner Gianfranco Tosi si rifiutò e durante un comizio che il sindaco tenne sulle scale del municipio, per spiegare alla popolazione le sue ragioni, fece intervenire un centinaio di fascisti col preciso intento di disturbare e intimorire anche con dei colpi di rivoltella.
Furono molti e stretti i rapporti intercorsi tra industriali e fascisti con finanziamenti, fornitura di armi e infine anche con la concessione della palestra Tosi come sede provvisoria del fascio locale.
Nei mesi successivi si andarono sempre più intensificando gli episodi di provocazione e scontro con i socialisti e soprattutto con i comunisti e gli anarchici della città. Gli avvenimenti presero una decisa accelerazione con l’inizio di luglio '22.
Legnano, luglio 1922
Ai primi di luglio arrivano al prefetto di Milano voci sul fatto che l’obbiettivo di fondo dei fascisti fosse l’occupazione del Municipio. In quei giorni i fascisti giravano in gruppi portando appese alle cinture il regolare bastone da "passeggio" e meno visibili pugnali e pistole.
Certamente i comunisti non erano affatto disposti a subire e reagirono. La giornata del 7 luglio vide uno scontro tra sette fascisti e un gruppo di comunisti, tra questi Mario Covini e Carlo Venegoni. Si sparò anche qualche colpo in aria. Il pronto intervento della PS si accanì solo sui militanti della sinistra. L’accusa fu di tentato omicidio.
Nei giorni successivi si susseguirono altri scontri e scaramucce. A farne le spese furono Paolo Venegoni, citato come "comunista in licenza militare" e Giovanni Novara. Il giorno 10 un gruppo di fascisti, non di Legnano, devastò a colpi di pistola il negozio di Teodoro Prandoni, causando duemila lire di danni.
Il sottoprefetto di Gallarate colse al volo l’occasione e con la giustificazione di impedire un assalto da parte dei fascisti alla Camera del Lavoro di via Novara 15 ordinò una minuziosa perquisizione, svolta proprio nel momento in cui i comunisti erano pronti a difendere la loro sede.
Il rapporto racconta che la maggior parte degli occupanti saltarono il muro di cinta e fuggirono nelle campagne. La perquisizione portò al sequestro di un moschetto e di una rivoltella.
Nei numerosi scontri avvenuti in quei giorni i tutori dell’ordine non fermarono mai un fascista, in compenso troviamo fermi e denunce a carico di molti comunisti.
Conclusa questa operazione e denunciati un buon numero di compagni, il sottoprefetto Palmieri si sentì tranquillo e lo comunico al superiore. Malauguratamente si sbagliò. 
L'omicidio di Giovanni Novara
La sera di giovedì 13 luglio, alle 20, un commando composto da Diego Vassalli, Renato Falzone, Luigi Zanzottera (il vero assassino), Ubaldo Ranzi, Antonio Bienati e Pasquale Bedani sorprese Giovanni Novara all’uscita del suo parrucchiere in via XXIX Maggio (dove ora c'è una lapide) e sparò diversi colpi di rivoltella. Il tutto avvenne sotto gli occhi della fidanzata. Lo colpirono all’addome e alla scapola. Avevano sparato per uccidere. Morirà il 17 luglio.
Il primo rapporto redatto dal sottoprefetto il 14 mattina dipinge Novara come un delinquente comune, lo definisce un "rapinatore". Il sottoprefetto non può però evitare di eseguire il sequestro e la perquisizione della sede dei fascisti.
Durante la perquisizione vennero trovate e sequestrate 5 rivoltelle, 4 bombe a mano e 4 razzi di segnalazione. Il solo Vassalli venne arrestato, gli altri divennero latitanti. Non venne mai celebrato il processo.
I segretari delle Leghe subirono pressioni per non dichiarare lo sciopero generale, ma in modo spontaneo ai funerali, tenuti il giorno 17, parteciparono ben 5000 legnanesi (tra di loro anche Mauro Venegoni). In testa al corteo il gonfalone della città.
L'omicidio di Giovanni Novara sarà solo il primo di un lungo elenco di violenze compiute dai fascisti a Legnano.
Gian Luigi Bandera

Le foto in pagina provengono dall'archivio della famiglia Alli e pubblicate grazie alla collaborazione di Daniele Berti

lunedì 1 maggio 2017

CLN, inaugurazione della targa commemorativa

http://www.legnanonews.com/news/cronaca/903689/cln_inaugurazione_della_targa_commemorativa

CLN, inaugurazione della targa commemorativa




"Uomini liberi, cammini diversi, un unico grido, Resistenza!". Queste sono alcune delle parole incise sulla targa commemorativa, inaugurata domenica 23 aprile in Via Alberto da Giussano, angolo Via Lega, che celebra la nascita del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, nel punto esatto dell'incontro tra Frascoli, Fusetti, Tenconi e Venegoni.
Intervento iniziale quello di Primo Minelli, Presidente dell'Anpi, che ha raccontato la collaborazione tra l'Anpi e l'amministrazione comunale, collaborazione che ha voluto ricordare un luogo simbolico dove venne decisa la formazione delle bande partigiane legnanesi e specialmente dove si incontrarono Resistenza cattolica e non cattolica. «Si riunì in questo luogo il fronte antifascista, a questi uomini va il riconoscimento per la loro lungimiranza. La Giornata della Liberazione è di tutti gli italiani, non solo di una parte; i comunisti ebbero un ruolo fondamentale, ma senza i socialisti, i laici e i cattolici non sarebbe stato lo stesso. Sono passati 72 anni da quell'incontro nel novembre 1943 e il passato va conosciuto e riconosciuto, soprattutto nelle scuole. Da qui parte la storia del CLN».
Una lezione etica e morale che ha ribadito anche il sindaco Alberto Centinaio: «Questa è una giornata che ci permette di ricordare persone che si sono sacrificate per l'Italia; Frascoli, Fusetti, Tenconi e Venegoni erano 4 uomini accomunati da un sentire comune. Eventi della storia attuale dovrebbero indurci a riflettere, il passo tra l'uomo forte e la dittatura è breve, in Italia è durato un ventennio». Sulla lapide sono incise le parole di Anacleto Tenconifuturo primo sindaco della Legnano liberata, che ha descritto l'incontro poeticamente con queste parole: "Le storie di molti avvenimenti incominciano come un refolo di neve che poi diventa valanga". «Il loro spirito è lo stesso che animò i Padri Costituenti, questo non significa cancellare le diversità, ma avviarsi insieme su un percorso comune e ricercare il bene comune. La lapide -  ha concluso Alberto Centinaio - è un pezzo di marmo ma se i valori che esprime vengono vissuti anche dentro di noi sono valori eterni».
Il Presidente onorario dell'AnpiLuigi Botta ha dichiarato: «Il posto dove si incontravano non era dove c'è la targa commemorativa, quindi sulla strada, bensì in via Lega dove ai tempi c'era uno sterrato e un piccolo vicolo, sulla strada sarebbero stati troppo visibili».
Immagini a cura di Luigi Frigo
(Giulia Uderzo)

domenica 5 giugno 2016

21 giugno 1944 la battaglia partigiana alla Mazzafame; 27 giugno 1944 lo scontro al ponte di S. Bernardino

http://www.legnanonews.com/news/1/59632/anpi_alla_mazzafame_la_liberta_va_difesa_ogni_giorno_

Anpi alla Mazzafame: "La libertà va difesa ogni giorno"



NEL DISCORSO DEL SINDACO ALBERTO CENTINAIO RICOSTRUITA LA STORIA DELLA BATTAGLIA ALLA MAZZAFAME E DEI SUOI PROTAGONISTI (Samuele Turconi, Ugo Bragè, Antonio Casèro e Piero Rìzzoli, Piera Pattani, Mauro Venegoni).

NEL DISCORSO DEL PRESIDENTE ANPI LEGNANO LUIGI BOTTA RICOSTRUITA LA VICENDA DELLO SCONTRO AL PONTE DI SAN BERNARDINO E DEI SUOI PROTAGONISTI (Renzo Vignati e Dino Garavaglia e il coadiutore dei SS. Martiri don Francesco Cavallini).


Amministrazione Comunale e sezione legnanese dell'ANPI insieme, come avviene da anni, per la cerimonia di Commemorazione degli episodi della lotta partigiana avvenuti nel giugno 1944 alla Cascina Mazzafame.

Stamane, dopo la celebrazione della messa officiata da don Fabio Viscardi, parroco dei Santi Martiri, il saluto del sindaco Alberto Centinaio, la commemorazione di Luigi Botta presidente dell'Anpi e una serie di interventi di studenti della scuola Media Dante Alighieri, secondo una tradizione che coinvolge direttamente i giovani in in questo momento celebrativo.
"E' sempre necessario ricordare questi avvenimenti? E, soprattutto, è necessario ricordarli ancora ai nostri giovani?", si è subito domandato il nostro primo cittadino, offrendo altrettanto immediatamente una risposta affermativa, perchè, ha spiegato, "qui, in questi avvenimenti, in questi luoghi, è nato il rifiuto al fascismo e si è rafforzata la lotta partigiana. Qui, c'è la testimonianza di una lotta di popolo che ha portato alla libertà di tutti noi. A loro il nostro grazie. Noi li sentiamo vicini. Ancora oggi ci indicano che il bene prezioso della libertà si mantiene solo con il rispetto delle leggi e con il nostro operare quotidiano fatto non solo di interessi personali e soprattutto con una buona Politica al servizio della comunità". Per il video del discorso, cliccare qui oppure sulla immagine sopra.
"La libertà nata dalla Lotta di Liberazione e dalla Resistenza non è un vitalizio - ha invece affermato Luigi Botta presidente Anpi -  essa va difesa ed alimentata ogni giorno. La Repubblica ci ha dato la Costituzione, un impareggiabile insieme di regole per vivere insieme. In essa c’è la strada per risolvere i nostri problemi, dove si proclama il primato della persona umana, della sua dignità, che ci ha resi cittadini e non più sudditi. Mentre la legge vieta, punisce sia pure nell’interesse di tutti, la Costituzione è tutto un SI, tutto a favore, è la legge del desiderio, la legge della speranza. Dobbiamo studiarla, assimilarla, renderla parte di noi stessi". Il testo completo del discorso in questa pagina, clicca qui
Come si ripete in questi ultimi anni, la conclusione della manifestazione ha avuto protagonisti gli studenti della media Dante Alighieri: Albert Axinia, Anna Kadhara, Francesco Luraschi e Riccardo Messineo, preparati dalla prof.sa Gabriella Ceci  e sotto lo sguardo attento e fiero del diregente scolastico prof. Armando De Luca, hanno letto brani indirizzati al senso civico che deve pervadere ognuno di noi di fronte a commemorazioni come quella vissuta oggi al Cascinone della Mazzafame. Per il video con gli sudenti, clicca qui oppure sulla immagine sopra.
Tra i presenti, Piera Pattani, 89 anni, la "staffetta partigiana" protagonista dell'episodio successivo al conflitto a fuoco ricordato oggi.
Immagini a cura di Luigi Frigo
(Marco Tajè)


La partigiana PIERA PATTANI che a 17 anni ha contribuito a salvare il comandante della 101^ Brigata Garibaldi GAP Samuele Turconi ricoverato in ospedale a Busto Arsizio in attesa di essere fucilato, ferito molto gravemente proprio nella battaglia alla Mazzafame del 21 giugno 1944

venerdì 20 maggio 2016

Il parchetto di via Venezia intitolato al partigiano Giovanni Brandazzi Presidente del CLN di Legnano

http://www.legnanonews.com/news/1/58151/il_parchetto_di_via_venezia_intitolato_al_partigiano_brandazzi

Il parchetto di via Venezia intitolato al partigiano Brandazzi



Celebri canzoni partigiane, suonate e cantate dai "Numantini", per ricordare il partigiano Giovanni Brandazzi al quale è stato intitolato il giardinetto di via Venezia a Legnano.
La cerimonia si è svolta stamattina, domenica 24 aprile, alla presenza di diversi legnanesi.  A scoprire il cippo posto all'entrata dell'area verde il sindaco Alberto Centinaio con il presidente dell'Anpi Luigi Botta e i nipoti del partigiano, Sandra e Gianni.
All'evento, rientrante nel programma per celebrare l'anniversario della Liberazione d'Italia, hanno partecipato anche gli assessori Antonino Cusumano (Opere Pubbliche) e Umberto Silvestri (Cultura).
Il forte vento di oggi ha caratterizzato il momento commemorativo, così Botta, durante il suo intervento, ha ricordato la canzone partigiana "Fischia il vento".  «Sono commosso - ha esordito il presidente Anpi -. È da diversi anni che abbiamo chiesto un riconoscimento del CNL di Legnano (Comitato di Liberazione Nazionale) fondato dal legnanese Giovanni Brandazzi nato l’8 giugno 1900. Per noi è un volto sacro della storia partigiana locale. Ringrazio il sindaco che, dimostrando una forte sensibilità, ci ha permesso di ricordare quest'uomo. Brandazzi è per me una persona tanto cara: ho avuto modo di conoscerlo, in quanto ho vissuto la giovinezza con suo figlio Bruno. Buon 25 aprile a tutti e grazie sindaco per averci donato questa giornata».
«Sono felice di essere qui e ricordare una persona così importante in quanto è nella storia della Liberazione a Legnano - il commento del sindaco -. Cippi come questo sono un segno  che ci permetteno di ricordare persone come Brandazzi. Uomini che hanno lottato per ideali e speso bene la loro vita. Ci servono per non dimenticare e riflettere. Mi piacerebbe che, insieme alle scuole, si organizzassero percorsi in città per far scoprire ai nostri studenti le persone che hanno dedicato la loro vita per la Patria I ragazzi dovrebbero conoscere questi personaggi: sono esempi da seguire».
A precedere i musicisti "Numantini" la studiosa Renata Maria Pasquetto  che, in pochema efficaci parole, ha raccontato la vita di Brandazzi: «Finito il tempo clandestino, Giovanni non è tornato alla vita normale ma ha contribuito alla ripresa della città con il CNL. Come diceva lui: "la guerra aveva spazzato via tutte le organizzazioni", quindi era il momento di ricostruire e aiutare gli altri».
(Gea Somazzi)

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Giovanni Brandazzi, fondatore del CLN di Legnano


Giovanni Brandazzi è nato l’8 giugno 1900. Fu tra i fondatori del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Legnano sorto nei giorni immediatamente successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943.
In un’intervista rilasciata nel trentennale dalla Liberazione, Giovanni Brandazzi ricostruisce l’attività del CLN: “A Legnano i primi partiti che poterono iniziare la loro attività furono il Partito Comunista ed il Partito Democristiano”. In seguito entrarono anche il partito socialista e repubblicano e Anacleto Tenconi, futuro primo sindaco di Legnano liberata, ricorda “… gli incontri clandestini tra i membri del CLN, in tutti i luoghi più impensati: nelle cantine delle case, nelle chiesette più sperdute fra i campi, in certi solai, nei sotterranei dell’asilo di Villa Cortese, nell’asilo Frua-Banfi di via Venezia a Legnano, quanti tremori e quante paure… Ricordo un incontro fra me e l’onorevole [Carlo] Venegoni il mattino di un giorno di nebbia nella landa sperduta dei prati fra San Vittore e Parabiago. Questo per darvi un’idea delle difficoltà, dei pericoli cui andammo incontro in quei momenti” (manoscritto Tenconi in Nicoletta Bigatti e Alberto Tenconi, Una vita per la città. Anacleto Tenconi. Ritratto di un sindaco legnanese, EMV Edizioni, 2011, p.42-43).
Giovanni Brandazzi è stato partigiano combattente, uno dei comandanti della 101^ Brigata Garibaldi “Giovanni Novara” SAP fin dalla sua costituzione e Commissario di Distaccamento (equiparato al grado militare di Sottotenente) dal 1° aprile 1944 al 30 settembre ’44. A ottobre del 1944 la 101^ Brigata Garibaldi venne scissa in due unità in quanto troppo numerosa (aveva superato 700 aderenti) e si formò la 182^ Brigata Garibaldi “Mauro Venegoni” SAP, alla quale passò Brandazzi con la qualifica gerarchica di Commissario di Brigata (grado di Tenente) dal 1° ottobre ’44 alla Liberazione.
Il 25 aprile 1945 entrò a far parte della Giunta Comunale provvisoria in qualità di Assessore alla Polizia Urbana (con Ernesto Macchi). Sindaco Anacleto Tenconi.
Ricorda Brandazzi nell’intervista: “L'attività del CLN non cessò dopo la Resistenza. La guerra era passata ed aveva spazzato via tutta l'organizzazione nazionale; non c'era più niente che funzionasse; la gente aveva fame e freddo e non c'erano i generi alimentari ed il combustibile.”
Nemmeno l’attività di Giovanni Brandazzi cessò in seno al CLN di Legnano in quanto ne venne eletto Presidente, da aprile 1945 fino alla sua cessazione il 5 luglio 1946, e si trovò quindi a far fronte a problemi di difficile ed urgente risoluzione ricercando anche la collaborazione della Giunta Comunale, degli industriali, dei commercianti, dell’ANPI, delle Associazioni Militari, delle varie altre Organizzazioni, dei medici, del clero e di tanti cittadini volonterosi. Nel Verbale della riunione del CLN dell’8 ottobre 1945 si legge difatti “Il CLN non chiede che collaborazione da parte di tutti, collaborazione che permetterebbe a chiunque di constatare di persona quanto sia più facile giudicare l’operato di chi si propone di ben fare in tempi tanto difficili, che non fornire sia pure solamente un consiglio per il raggiungimento di migliori risultati.”

Per avere un’idea delle difficoltà nel dopoguerra potete leggere la ricostruzione che è stata fatta dall’ANPI di Legnano attraverso i documenti del Comune, i Verbali del CLN di Legnano, le testimonianze: 

In sintesi, Brandazzi sottolinea “Bisognava portare nell'Emilia e nel Veneto biciclette, biancheria e stoffe per aver in cambio farina, formaggio, lardo ecc. Tornavano i partigiani dalle montagne ed i reduci dai campi di concentramento. Bisognava accogliere tutta questa gente e rifornirli di scarpe e denaro. L'ospedale, gli ambulatori, i ricoveri non avevano combustibile per il loro riscaldamento. Bisognava trovare carbone, lignite, torba, legna per far funzionare i loro impianti. I partigiani caduti erano stati sepolti ma non c'era un segno sopra le fosse. Bisognava costruire le tombe e le lapidi. La Liberazione era stata conquistata, ma occorreva che qualcosa si facesse per ricordare ai posteri il grande avvenimento. Si costruì a questo scopo un monumento (anche se modesto) in piazza 4 novembre. Bisogna aggiungere in conclusione che l'attività del CLN è stata sempre molto apprezzata da tutta la popolazione cittadina.”
A Legnano si votò per il Comune il 7 aprile 1946: Giovanni Brandazzi venne eletto nelle liste del PCI.


Primavera 1945 a Legnano

https://galileitimesblog.wordpress.com/2016/03/20/primavera-1945/




PRIMAVERA 1945

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La storia sta finalmente per subire una svolta netta, dopo anni di conflitti apparentemente insanabili, battaglie infinite, tuoni di aerei nel silenzio della notte e eserciti allo stremo. Le vicende e gli esiti della “Grande Storia” sono più o meno noti ai posteri, quello che invece va perdendosi dalla memoria collettiva sono tutte le piccole storie di gente ordinaria vissuta in quei tempi bui.
La mia proposta è di fare un piccolo salto indietro nel tempo per rivivere quei mesi di trasformazione con gli occhi semplici e forse un po’ inconsapevoli di un ragazzo di 17 anni (per comodità lo chiameremo Giovanni) che non si trovava ancora al fronte, in quanto minore, bensì occupato in una azienda statale la quale produceva calzature per l’esercito ufficiale. L’indagato speciale, classe 1927,  mi racconta volentieri di quel tempo per noi lontanissimo ancora ben impresso nella sua memoria….
La tragedia era giunta come inevitabile: dopo la guerra in Abissinia e le forti sanzioni della Società delle Nazioni ai danni dell’Italia fascista, il nostro Paese di ritrovò alle strette e si avvicinò agli unici che sembravano offrire un appiglio al Duce: Hitler e la sua Germania. Quando la guerra scoppiò, l’Italia si trovava ormai troppo vicina alla Germania e la scelta di entrare in guerra al fianco dei tedeschi era in quel frangente quasi obbligata. Giovanni allora era poco più che un bambino. La notizia ovviamente scosse la tranquillità di quegli ambienti che dopo anni di dittatura si erano costruiti un proprio equilibrio, le razioni di pane e zucchero, le campane notturne, i giovani al fronte, un’atmosfera mista di ammirazione e orrore per un ragazzino. Tuttavia la vita scorreva abbastanza tranquilla, i fronti erano lontani e quelli che rimanevano erano troppo occupati a lavorare. La situazione per la popolazione precipitò quando l’Italia cambiò fronte: i fascisti dopotutto era pur sempre Italiani, ma i tedeschi no, i tedeschi erano cattivi, spietati con quelli che li avevano traditi; e si sa, più si avvicina la fine, più i violenti si sfogano sui deboli.
Tornando alla primavera del 1945, l’armata tedesca ormai conservava solo pochi avamposti nella nostra Penisola, a cui però si attaccò con i denti. In un pomeriggio qualunque il nostro Giovanni camminava con un amico lungo il Sempione, andava in ditta, verso i colli di Sant’Erasmo, (in quella zona erano stanziate le sentinelle tedesche) , quando d’un tratto uno sparo ruppe il silenzio. In fondo alla strada accasciato giaceva un uomo, una ferita alla coscia e fiumi di sangue. Non si era fermato all’alt quel disgraziato, se lo caricarono in spalla, le mani alzate in segno di pace e corsero verso l’ospedale.
Di episodi come questi ne accadevano molti, alla luce del giorno, in quei mesi finali, stremati.
Poi finalmente la liberazione, gli Americani entrarono a Milano, l’Italia si volgeva verso un futuro democratico e libero. Ma che ne rimane di quelle storie ordinarie, di gente comune, che fino all’ultimo rimase nella propria terra a convivere con il dolore?